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Gioco d’azzardo: in Fvg ogni anni vengono giocati 630 milioni di euro

La maggiore concentrazione di slot per abitanti è a Resiutta: 12, collocate in 3 esercizi commerciali

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FVG – Un gioco vecchio come il mondo, quello d’azzardo, che ogni anno in Friuli Venezia Giulia fa puntare dai 630 ai 640 milioni di euro (42 miliardi a livello nazionale) e una legge regionale modificata negli anni ma mai completamente applicata per mancanza del previsto regolamento, la 1 del 2014, contenente disposizioni per la prevenzione e il contrasto della dipendenza appunto da gioco d’azzardo, aggiornata dalla 26 del 2017 che consente sino al 31 agosto 2021 ai gestori di slot machine (il 90% degli esercenti, 1.343 soggetti) di disinstallarle o spostarle oltre un raggio di 500 metri dai luoghi cosiddetti sensibili: scuole, aree di culto, impianti sportivi, residenze per categorie protette, ambienti di aggregazione giovanile compresi ludoteche e biblioteche, sportelli bancomat, stazioni ferroviarie. Dei circa 640 milioni usciti dalle tasche dei cittadini, 32 entrano in quelle degli esercenti (circa il 5%), ovvero più o meno 23mila euro a singolo esercizio: tra i 15mila e i 18mila euro per quei bar, ristoranti, ricevitorie, edicole, tabaccherie che fanno delle macchinette un’attività secondaria rispetto al resto delle vendite, di più per coloro (agenzie scommesse, sale bingo, sale giochi) che le considerano un introito primario.

Sono questi alcuni dei dati emersi dall’audizione, richiesta da Andrea Ussai (M5S) in III Commissione consiliare presieduta da Ivo Moras (Lega), con il vicepresidente Fvg con delega alla Salute, Riccardo Riccardi, e il direttore del dipartimento di Scienze economiche e statistiche dell’università di Udine, Andrea Garlatti, sulla situazione regionale quanto all’applicazione della Lr 26/2017 e sue possibili evoluzioni. “Da luglio 2017 – ha ricordato Ussai – la Regione aveva 60 giorni per scrivere il regolamento con cui elargire il contributo per la riconversione delle sale ospitanti le slot machine, siamo nel 2021 e non lo abbiamo ancora visto. Nel 2018, è stata bocciata la
nostra mozione con cui chiedevamo un accompagnamento a tale conversione. Oggi l’Università di Udine ci dice che quell’accompagnamento è indispensabile per tutelare i cittadini, ma anche salvaguardare i posti di lavoro coinvolti dal mondi delle scommesse e del gioco d’azzardo”.

“Il regolamento è pronto – ha fatto sapere Riccardi – ma la situazione da chiusura forzata degli esercizi commerciali causata dalla pandemia ha cambiato le cose e ci porta a rivedere le nostre scelte. L’approccio al problema deve essere laico. I dati rimostrano che non riguarda in particolare le grandi città, bensì in proporzione molto di più i piccoli centri come quelli di montagna. Bene l’idea del presidente Moras di creare un tavolo tecnico ristretto, dove affrontare la questione e le soluzioni da prendere”.
Dai dati raccolti dall’esame condotto da Andrea Garlatti con Silvia Iacuzzi, sempre dell’ateneo udinese, emerge in effetti che la maggiore concentrazione di slot per abitanti è a Resiutta: 12, collocate in 3 esercizi commerciali, per una percentuale rispetto al numero di abitanti (284) pari al 42,25 per mille. La percentuale a Palmanova, che conta 5.447 abitanti con 40 slot in 6 esercizi, è invece del 7,34 per mille; Monfalcone, che di abitanti ne ha 28,816, 279 slot in 53 esercizi, registra il 9,68 per mille; i 6.837 abitanti di Lignano Sabbiadoro possono contare su 69 slot in 13 esercizi, con un gradimento del 10,09 per mille. Oltre al fatto di essere aree poco abitate, emerge che si tratta di Comuni attraversati dalle principali arterie stradali della regione oppure sono località turistiche.
Un confronto degli ultimi 5 anni (2015-19) evidenzia che si registravano 8.294 macchinette in 2.140 esercizi, scese a 5.410 in 1.343 luoghi, ovvero  meno 34,8% slot in meno 37,2% esercizi. Il calo è stato causato da due fattori: il doversi adeguare alle leggi regionali; l’aver chiuso l’attività per la crisi innescata dalla pandemia.

Da Uniud tre tipologie di intervento: il primo è fiscale, con l’abbattimento della Tari (la Lombardia interviene con un abbattimento fino al 50%; Comuni come Porcia sono intervenute autonomamente) non legata alla base imponibile reddituale; il secondo è culturale, con una spinta all’innovazione per riconfigurare le attività dell’azienda (ad esempio realizzare corsi orientati a stimolare l’innovazione del commercio; il terzo di affiancamento con dei consulenti che ti aiutano a sviluppare un’idea; utilizzare il crowdfunding); offerta di nuovi servizi, valorizzando la capillarità territoriale dei gestori e prevedendo un interfaccia con la pubblica amministrazione. “In merito al crowdfunding – è entrato nel dettaglio Garlatti – possiamo dire che è tra le soluzioni migliori perchè si tratta di
far partire una start up innovativa con il supporto tecnico della Regione, dove il crowdfunding dà diritto al cittadino che ha investito una somma nella start up un credito di imposta, immediatamente fruibile, del 50% del capitale sottoscritto, basta mantenga le proprie quote per almeno 3 anni”.

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