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Economia & Lavoro

Estetisti e acconciatori scrivono ai parlamentari Fvg: “Abusivismo dilagante, fateci riaprire”

Le categorie del Benessere chiedono la modifica del provvedimento normativo del 2 marzo, con la reintroduzione degli acconciatori e degli estetisti tra le attività che possono lavorare anche in zona rossa

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UDINE – «Aiutateci a cambiare le disposizioni governative del 2 marzo, prevedendo la possibilità di lavorare per le attività di acconciatura ed estetica anche in zona rossa». È, in sintesi, l’appello rivolto a tutti i parlamentari del Friuli Venezia Giulia che il presidente di Confartigianato Fvg, Graziano Tilatti, con le presidenti di categoria Samantha Miot per gli Estetisti Fvg e Loredana Ponta per gli Acconciatori ha sottoscritto a fronte di una situazione pandemica che continua a rimanere molto critica, con conseguenti restrizioni. Una lettera idealmente firmata da più di 3mila aziende afferenti a questi settori in Friuli Venezia Giulia, per 6mila lavoratori complessivi.

Un appello che si fa ancora più accorato in queste ore dopo che le previsioni della cabina di regia governativa, come emerso nelle comunicazioni odierne del presidente del Consiglio, indicano il rischio di zona rossa e arancione per tutto il territorio nazionale fino a fine aprile. Acconciatori ed Estetisti del Friuli Venezia Giulia hanno già presentato l’istanza al ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, ma la situazione è tale che è necessario un intervento urgente. Il divieto di operare imposto dal 2 marzo, infatti, «ha favorito una pericolosa e ormai ingestibile proliferazione dell’offerta irregolare – scrivono Tilatti, Miot e Ponta -, agevolata dalla disponibilità di soggetti che, a fronte della persistente richiesta, continuano a erogare abusivamente presso il proprio domicilio o presso quello del cliente, i servizi preclusi alle imprese regolari».

Ai parlamentari Confartigianato Fvg ha inoltre evidenziato che questa chiusura forzata «va nella direzione opposto rispetto a quella auspicata dal Governo, amplificando il rischio piuttosto che contenerlo», poiché lo svolgimento abusivo dell’attività «comporta evidentemente contatti non protetti in ambienti non sanificati e controllabili, con un esponenziale aumento delle possibilità di contagio».