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Al Teatro Contatto arriva Gerda Taro

“Se conoscendola qualche giovane sentirà vibrare una corda nuova dentro di sé, sarà un bene prezioso!”
Intervista a Nicoletta Oscuro, che domenica 8 marzo porterà in scena lo spettacolo dedicato alla fotografa che ha fatto la storia dei reportage di guerra

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foto: Alice Durigatto / Phocus Agency

UDINE – Riprende la stagione del Teatro Contatto al Palamostre con lo spettacolo omaggio a Gerda Taro, rappresentato dell’inossidabile coppia Nicoletta Oscuro e Matteo Sgobino. Gerda Taro – dalla pietà alla rabbia, introdotto dall’intervista con l’attrice stessa, andrà in scena alle ore 19.00 di domenica 8 marzo presso la sala Pasolini.

Partiamo dalla fine: Gerda Taro muore durante la rivoluzione civile spagnola. E’ stato un periodo veramente terribile e difficile da raccontare, se penso a Garcia Lorca o a tutti gli artisti di quegli anni

<<Che dire, mi nomini Lorca e sono già con i lucciconi. Anche per me ha un senso fortissimo parlare e attraversare quel momento storico, quei fatti, quelle umanità, quelle scelte di coraggio immenso. Mi commuove pensare a quante e quanti hanno scelto di dare e di darsi per quella causa di libertà. Hai ragione è un periodo terribile ma è emblematico e raccontarlo, con i mezzi che abbiamo, nei modi in cui siamo capaci, è forse straziante ma non trovo un motivo che sia uno per smettere di farlo. García Lorca il 10 giugno del ‘36, poco più di un mese prima di essere ucciso, fa questa dichiarazione al giornale El Sol di Madrid: questo concetto dell’arte per l’arte sarebbe crudele se non fosse fortunatamente banale. Nessun uomo vero crede ormai al ritornello dell’arte pura, dell’arte fine a sé stessa. In questo momento drammatico del mondo, l’artista deve piangere e ridere col suo popolo, bisogna lasciare il ramo di giglio e mettersi nel fango fino alla cintura per aiutare tutti quelli che cercano i gigli. Allora vedi, queste parole ci interrogano a noi “artisti”, ci mettono davanti a scelte quotidiane, perché facciamo quello che facciamo? Che senso ha il nostro lavoro? Perché pretendiamo di andare sopra ad un palcoscenico e cosa vogliamo comunicare? Credo che sia il grande tema di questo nostro bistrattato, faticoso e meraviglioso lavoro. È sempre una scelta di campo. Se non sappiamo perché facciamo quello che facciamo, se non sappiamo a cosa serve, se non ci giochiamo ogni volta tutto per quello in cui crediamo, per me non ha senso neanche cercare di fare arte.>>

Io dico spesso che “la fantascienza appartiene al passato”: diritti dei lavoratori, ideali, anche semplici idee oramai. L’artista militante oggi è un concetto praticamente incomprensibile alle nuove generazioni. E’ questo forse uno dei motivi che ti ha spinto a raccontare di lei?

<<Esatto. Io con le nuove generazioni ci lavoro tanto, credo che per noi sia fondamentale cercare di trasmettere i valori che ci stanno a cuore. Gerda è stata un sole splendente, una vita luminosa, un esempio di coraggio e di autodeterminazione su tutta la linea e poi era viva, allegra, intelligente, piena di energia. Se conoscendola qualche giovane sentirà vibrare una corda nuova dentro di sé, sarà un bene prezioso. Con Matteo Sgobino, che non mi accompagna semplicemente, ma che è in scena con me fifty-fifty, c’è la consapevolezza di essere dei veicoli e cerchiamo una presenza che faciliti l’ingresso nella vicenda, perché la soggettività dello spettatore entri in contatto con l’umanità di questa giovane anima. Alberto Prelli ha scritto per noi un testo delicato che induce questo processo particolare.>>

Tina Modotti, Gerda Taro e poi? Sicuramente un percorso interessante per te come artista e per il tuo pubblico che si chiede quale sarà la prossima tappa, il prossimo personaggio che ci racconterai

<<Beh nello spettacolo – Vennero in tanti e si chiamavano gente – su Spoon River e De André, Hugo Samek ha scritto per me un bel ritratto di Fernanda Pivano. Una donna straordinaria, speciale. Poi, per il futuro, ho un desiderio nel cassetto, mi piacerebbe tanto lavorare su Gabriella Ferri, mi emoziona molto ascoltarla anche perché era la cantante preferita di mio padre. Si vedrà…>>

Il libro La Ragazza con la Leica ha spaccato, come si suol dire. Tra i film più visti da un certo pubblico c’è ancora Blow Up di Antonioni, protagonista un fotografo con una Nikon F. La fotografia, nonostante i mutamente tecnologici, mantiene un grandissimo fascino. Per Gerda la fotografia era realtà o iper-realtà? E per Nicoletta Oscuro? 

<<Per me è un mistero la fotografia, una magia strana. Ho un rapporto di rispetto, contemplativo. E sono molto interessata alla fotografia di reportage, alla fotografia fatta sul campo, la scelta di un’immagine per raccontare un significato preciso, potente, come per Gerda che fotografava per comunicare, per urlare nelle orecchie del mondo di quali atrocità gli uomini possano essere capaci.>>

“Muore giovane chi è caro agli dei”. Pare una delle chiavi per capire gli artisti del ‘900. Io che sono soprattutto un critico di musica posso dirti che c’è una letteratura sterminata per collegare tutti gli artisti morti a 27 anni (J.Morrison, Hendrix, Joplin, Cobain, etc.). Come Gerda. Teorie suggestive e fantasiose poi vogliono che non siano morti, ma che abbiano continuato a vivere sotto mentite spoglie perchè avevano deciso di chiudere con un certo tipo di vita. Da quel che ho capito di lei, GT non avrebbe potuto che vivere come ha vissuto, e morire come è morta

<<Oppure, avrebbe potuto avere un’altra vita, citando Anna Frank … cerco un mezzo per diventare come vorrei essere e come potrei essere se… non ci fossero altri uomini al mondo.>>

Prossime date in programma per Nicoletta Oscuro e Matteo Sgobino con Gerda Taro il 14 marzo alle 20.45 al Castello di Colloredo di Montalbano e con Vennero in tanti e si chiamavano gente il 27 marzo alla stessa ora presso il TeatrOsaria ad Orsaria di Premariacco. Il Teatro Contatto invece proseguirà la stagione con La natura delle cose di Virgilio Sieni in data 14 marzo e  il 22 successivo andrà in scena La chiave dell’ascensore Anna Paola Vellaccio e Fabrizio Arcuri al Teatro S. Giorgio.

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